Aglianico artigianale anni '70
Aglianico artigianale anni ‘7

Il mondo del vino e non sta vivendo un periodo di infatuazione verso il naturale nel disperato tentativo di ottenere prodotti più genuini con una sorta di marchio che potremmo chiamare “senza”
Mentre in Francia, un secolo fa, Ribereau-Gayon stabiliva le basi della moderna vinificazione, ancor oggi valide, in Italia si vinificava affidandosi alla buona sorte ed alla luna…il cosiddetto vino del contadino…
Dopo tanti anni durante i quali si è creduto che per fare vini buoni bastasse spremere uva qualsiasi ed aspettare, è arrivata l’era della tecnonologia. Ed il vino si è avvalso di ogni coadiuvante che che la chimica metteva a disposizione per eliminare o ridurre i difetti di fermentazione e stabilizzazione: anidride solforosa, acidificazione, disacidificazione, cartoni deodoranti e decoloranti, additivazioni varie … fino allo scandalo del metanolo! Questo evento ha scosso il mondo enologico, sia dei produttori che dei consumatori, risvegliando una sensibilità maggiormente rivolta alla qualità tramite tecniche meno violente ed invasive. Cresce l’attenzione per l’uso dei lieviti, si impiega acciaio inox per migliorare l’igiene, la pigiatura e la pressatura, si impiegano legni di qualità, si adotta un accorto uso delle temperature.
Poi alla fine del secolo scorso, con il miglioramento della qualità dei vini prodotti,  si assiste ad un rigetto di tante pratiche tecnologiche, imputate di produrre vini omologati e poco espressivi, a favore di tecniche “biologiche” che assicurano una maggiore salubrità dei vini e grande caratterizzazione.
Ormai abbandonata la produzione dei vini del nonno, ottenuti con la tecnica di …incrociare le dita e lasciar fare alla natura, con risultati a dir poco discutibili, si è passati ad un chimismo sempre più ridotto a favore di un maggior controllo dei fenomeni biologici. È l’era del biologico, pur riconoscendo a questo termine un valore relativo, dal momento che tutto il processo di vinificazione, comunque condotto, è essenzialmente frutto di biotecnologia. In questa fase è ancora più interessante la maggiore attenzione posta nella cura del vigneto, elemento alquanto trascurato in precedenza.
Uva ottenuta da vigneti sani, in equilibrio microbiologico del suolo, e con un sistema vascolare integro, è il presupposto indispensabile per poter poi ottenere vini espressivi e riconoscibili. In cantina queste uve avranno bisogno solo di cura e assistenza nell’importantissimo processo di vinificazione per la nascita di un vino buono, sano, esente da difetti.
Da questo non si sfugge:senza l’ intervento dell’uomo non si ottiene vino buono, anzi non si ottiene vino e basta. La vite, innestata, potata, piegata, curata nei periodi critici, correttamente alimentata, su un suolo microbiologicamente non esausto, ci darà sicuramente vino buono, ma sempre risultante dall’obiettivo che l’uomo si propone e ammesso che abbia le conoscenze per realizzarlo.
Una vigna “senza” assistenza e una fermentazione “senza”  sorveglianza non darà mai un prodotto di qualità
L’adozione del biologico e del naturale si riduce al mero equilibrio tra natura e pianta, sorvegliato dall’uomo, il quale conserverà un  naturale rispetto anche negli interventi per la valorizzazione della materia prima ottenuta, ma senza ammiccamenti all’equazione naturale=più buono.
Non vorremmo che rincorrendo il vino “senza” additivi  arriviamo al vino senza ..qualità.

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