L’indagine Basivin-sud, condotta dal 2006 dal CREA di Turi, sugli antichi vitigni dell’area una volta chiamata Enotria, oltre a scoprire ben 41 nuovi vitigni non catalogati, ha contribuito anche ad identificare con precisione cloni di varietà già presenti nel Registro Nazionale dei vitigni – RNVV. E’ il caso della Malvasia di Basilicata, del Magliocco dolce, del Castiglione, quest’ultimo reperito in un antico vigneto appartenente alla nostra famiglia, impiantato nel 1909 e tutt’ora in produzione. Nello stesso vigneto è stato identificato anche un clone di Fiano, risalente allo stesso anno. Questa varietà era già stata individuata e, tramite selezione massale, reinpiantata in un nuovo vigneto, nel 1975, con innesti operati per la gentile disponibilità del Preside Cassano della gloriosa Scuola di Agraria di Avellino ad indirizzo enologico. In quegli anni nessun vivaista aveva il fiano in catalogo.
Ora, nel 2015, questi antichi cloni sono stati di nuovo oggetto di selezione massale ed usati per ampliare il vigneto esistente. È interessante notare come le caratteristiche ampelografiche dei vecchi cloni siano nettamente diversi dai cloni oggi in commercio. Alcuni fattori, indicatori di qualità, sono maggiormente presenti nei vecchi cloni. Dalle foto si vede come questi posseggano caratteri identificativi oggi quasi scomparsi dai cloni in commercio.
Mi riferisco al grappolo spargolo, alla forma ovale del chicco, alla presenza di grappoli doppi, caratteri questi quasi scomparsi nei cloni di Fiano oggi in commercio.
In altre foto, tratte da cataloghi di vivai moderni, sono mostrati grappoli con evidenti i segni di una selezione volta all’ottenimento di individui vigorosi e molto produttivi.
È evidente come finora la moderna vivaistica abbia trascurato i caratteri enologici
dei singoli cloni, preoccupandosi esclusivamente di selezionare piante che offrano un favorevole impatto estetico, privilegiando qualità per esso più interessanti quali vigore, facilità e affinità di innesto.
Sarebbe auspicabile che nei nuovi impianti si tornasse al vecchio metodo dell’innesto in campo a gemma su selvatico radicato, sistema questo che garantisce un armonico rapporto tra i due individui con la certezza del clone impiantato e una vita più regolare della pianta, che in questo modo, rispettando il suo equilibrio vegetativo, sarebbe anche più longeva.